“Chi ha un perché sopporta quasi ogni come”, diceva Nietzsche.
Questo “perché” non può essere, però, un “perché” qualunque.
Viktor Frankl, il padre della Logoterapia, sottolinea che solo quelli che si collegano alla dimensione del senso hanno questo grande potere: solo i “perché” che ci svelano (o ci lasciano intravedere) in qualche modo il significato dell’esistenza sono in grado di darci la forza di cui abbiamo bisogno.
A questa dimensione di senso, dice Frankl, si accede solo superando i propri interessi egoistici: le porte del significato si spalancano per mezzo di atti di donazione disinteressata.
Frankl citava spesso queste parole del rabbino Hillel (I secolo a.C.): “Se non lo faccio io, chi lo farà? Se non lo faccio adesso, quando lo farò? Se lo faccio solo per me stesso, chi sono io?”.
Sono domande impegnative, potenti, gravide di senso.
Forse anche tu te le sei poste in certi momenti della tua vita.
Frankl lo ha fatto durante la sua prigionia in un campo di sterminio nazista; è lì che ha intuito l’essenza del suo metodo terapeutico: coloro che riuscivano maggiormente a sopportare quella terribile esperienza erano quelli che avevano un “perché”.
Ognuno aveva il suo, ma c’era una caratteristica in comune: tutti i “perché” erano collegati, in qualche modo, ad atti di donazione disinteressata; come questo, ad esempio: “Devo vivere, perché il mondo deve sapere, così che nessun altro uomo abbia mai più a patire tutto questo”.
Oggi più che mai, abbiamo bisogno di trovare i nostri “perché”; oggi più che mai, abbiamo bisogno di tutta la loro forza; oggi più che mai, abbiamo bisogno di agire guidati dalla luce del significato.
Pubblicato il 01/04/2020 - Photo by Conscious Design on Unsplash
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