Il passaparola è un fenomeno molto noto, perché, da che mondo è mondo, gli uomini hanno sempre condiviso fra loro le informazioni (o, almeno, lo hanno fatto all’interno dei propri gruppi di appartenenza).
Oggi, nell’era di internet in cui tutto è connesso in tempo reale, questo fenomeno è ancora più evidente.
Come puoi renderti conto, le informazioni vengono condivise molto velocemente, raggiungendo un grandissimo numero di persone; tuttavia, è altrettanto evidente che ciò non avviene per tutte le informazioni, per alcune di esse il passaparola sembra non funzionare: solo alcune fra le tantissime informazioni disponibili diventano, per così dire, “virali”.
Forse ti starai chiedendo il perché di questo fatto.
Se lo sono chiesti anche molti ricercatori, fra questi lo ha fatto anche Jonah Berger, professore di marketing presso l’Università della Pennsylvania, il quale ha scritto questo interessante libro sull’argomento: Contagioso. Perché un’idea e un prodotto hanno successo e si diffondono.
Studiando i processi di condivisione delle informazioni, Berger ha individuato sei principi fondamentali, e li ha indicati come gli elementi essenziali alla base del fenomeno del passaparola.
Questi sei principi sono: la valuta sociale, gli stimoli ambientali, le reazioni emotive, la visibilità pubblica, il valore pratico e le storie.
Quando nelle interazioni comunicative uno o più di questi principi è in azione, sostiene Berger, le persone tendono maggiormente a condividere le informazioni con cui entrano in contatto.
Il tipo di conoscenze che possediamo, egli dice, gioca un ruolo molto importante nelle nostre interazioni sociali, nel senso che le informazioni di cui siamo in possesso funzionano come una sorta di valuta sociale.
Questo fa sì che, quando siamo con le altre persone, tutti noi siamo portati a parlare soprattutto di quelle cose che, in qualche maniera, possono darci lustro e possono farci apparire degni di ammirazione (per il solo fatto di possedere quelle informazioni).
Pertanto, se sai qualcosa che potrebbe farti apparire degno di nota rispetto agli altri, parlandone, tenderai a farlo sapere in giro.
Quando pensiamo a qualcosa siamo portati a parlare dell'oggetto dei nostri pensieri, perciò anche gli stimoli ambientali hanno un ruolo importante nel passaparola.
Il motivo è presto detto: gli stimoli che percepisci nell’ambiente hanno il potere di farti pensare a qualcosa piuttosto che a qualcos’altro.
Più uno stimolo è collegato in maniera esclusiva ad un’idea e più quello stimolo compare con frequenza nel tuo campo percettivo, più sarai portato a parlare ad altri dell’idea ad esso collegata.
Anche le emozioni, come puoi certo immaginare, hanno un ruolo fondamentale nel processo di condivisione delle informazioni.
Forse ti starai chiedendo se tutte le emozioni hanno lo stesso effetto in riferimento al passaparola.
La risposta è no: non tutte le emozioni spingono alla condivisione, sebbene lo facciano sia le emozioni negative, sia le emozioni positive.
Quello che Berger ha scoperto è che le emozioni intense (siano esse negative o positive) sono quelle che spingono maggiormente alla condivisione, in quanto producono nel nostro organismo un’intensa attivazione fisiologica che ci orienta all’azione.
Pensa per un attimo alla tua esperienza nei social: quali sono i post che le persone o tu stesso hai maggiormente condiviso?
Facendo un breve esercizio di memoria potrai renderti conto che i post maggiormente condivisi sono quelli collegati a queste emozioni: rabbia, disgusto, gioia e meraviglia. Sono queste le emozioni che più di tutte stimolano la condivisione delle informazioni.
Non lo fanno la tristezza e l’appagamento, poiché entrambe producono una scarsa attivazione fisiologica, che a sua volta genera nell’organismo una tendenza all’inazione.
Per verificare il legame fra attivazione fisiologica e condivisione delle informazioni Berger ha predisposto questo esperimento: ad un gruppo di soggetti ha chiesto di rilassarsi, ad un altro ha chiesto di fare una breve corsa sul posto; terminata questa prima fase, ad entrambi i gruppi (ignari che l’esperimento stesse continuando) Berger ha dato da leggere un articolo, dicendo loro che, se avessero voluto, dopo averlo letto, avrebbero potuto condividerlo liberamente via e-mail.
Tieni presente che non vi era alcuna relazione fra il contenuto dell’articolo e l’attività del riposare o del correre.
Questi sono i risultati ottenuti: il 75% dei soggetti appartenenti al gruppo che aveva corso avevano condiviso l’articolo.
Questa percentuale è più di due volte superiore rispetto a quella di coloro che avevano condiviso l’articolo nell’altro gruppo (quelli che si erano rilassati).
In sostanza, la condivisione delle informazioni è favorita dall’eccitamento, sia esso fisico che emotivo.
Per quanto riguarda i rimanenti tre principi individuati da Berger la situazione è la seguente: più un’informazione ha visibilità pubblica, più aumenta la possibilità che essa venga condivisa; allo stesso modo, hanno maggiore possibilità di condivisione quelle informazioni che possiedono un valore pratico e che, pertanto, possono essere di qualche utilità per coloro con cui vengono condivise; le storie, infine, sono anch’esse uno strumento molto potente per favorire il passaparola, a patto che l’elemento che vuoi condividere sia parte essenziale della storia, cioè sia qualcosa senza il quale la storia non può essere narrata.
Pubblicato il 31/07/2019 - Photo by Brooke Cagle on Unsplash
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