Sono passati ventisette anni da quando, nel 1992, lavorando con dei macachi in laboratorio, Giacomo Rizzolati e il suo gruppo di ricerca scoprirono quelli che avrebbero poi chiamato “neuroni specchio”.
Questi neuroni sono molto particolari, poiché si attivano non solo quando si compie una determinata azione, ma anche quando si osserva qualcun altro compiere quella medesima azione.
Con il loro lavoro di ricerca Rizzolati e il suo gruppo riuscirono a dimostrare un’altra caratteristica specifica di questo tipo di cellule: quando le scimmie osservavano gesti casuali, come ad esempio un ricercatore che attraversava la stanza o che stava con con le braccia conserte, i neuroni specchio non si attivavano; si attivavano invece quando le scimmie osservavano gesti cosiddetti “finalizzati”, cioè gesti che comportavano l’utilizzo di un oggetto e che sottendevano un obiettivo, come ad esempio raccogliere qualcosa o leccare un gelato.
Sebbene non si siano utilizzati elettrodi impiantati nel cervello, come è stato fatto per le scimmie, le scansioni fatte al cervello umano con tecniche di brain imaging evidenziano nella corteccia frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore dei fenomeni analoghi a quelli registrati con i macachi: queste regioni cerebrali risultano attive sia quando il soggetto compie un’azione, sia quando il soggetto osserva qualcun altro compiere la medesima azione.
I neuroni specchio sembrano avere un ruolo in molti aspetti della nostra vita.
Alcuni studi, ad esempio, evidenziano che le caratteristiche proprie dei neuroni specchio (attivarsi sia quando si compie un’azione sia quando la si vede eseguire da un altro) siano implicate nella comprensione che abbiamo delle intenzioni comportamentali delle altre persone, e non solo: secondo alcuni ricercatori, fra cui Gallese e Lakoff, la stessa comprensione semantica delle espressioni linguistiche che descrivono azioni si realizza grazie all’azione di questi neuroni.
Come forse avrai già immaginato, i neuroni specchio sono implicati anche nell’esperienza dell’empatia.
E’ anche grazie a loro che sorridiamo (per lo più) quando vediamo qualcuno felice e assumiamo un’espressione corrugata quando vediamo qualcuno triste.
A questo proposito ti segnalo una ricerca di Tania Singer riportata da Martin Lindstrom nel suo testo Neuromarketing Attività cerebrale e comportamenti d’acquisto.
Nello specifico Singer ha mostrato ai soggetti sperimentali un video in cui alcune persone giocavano insieme: alcune di loro lo facevano onestamente, altre baravano.
Successivamente il video mostrava che ad alcuni giocatori, presi da entrambi i gruppi (sia da quelli che avevano giocato onestamente sia da quelli che avevano barato), veniva somministrata una scossa elettrica, leggera ma dolorosa.
Per mezzo di scansioni cerebrali, Singer ha verificato che quando i soggetti sperimentali (uomini e donne) vedevano soffrire un giocatore onesto essi provavano dolore a loro volta, poiché anche nei loro cervelli si attivavano le aree cerebrali che mediano l’esperienza del dolore (la corteccia fronto-insulare e l’anteriore cingolata).
Le cose cambiavano quando a provare dolore erano le persone che avevano barato.
In quel caso, mentre le donne continuavano a mostrare alti livelli di empatia, le scansioni del cervello dei soggetti maschili invece non solo mostravano una minore attivazione delle aree deputate all’elaborazione del dolore, ma rilevavano anche un’attivazione dei centri cerebrali collegati alla ricompensa.
In sostanza, secondo i dati di questa ricerca, quando ai “buoni” (o meglio, a coloro che riteniamo essere tali) succede qualcosa di brutto, tendiamo ad empatizzare con loro; tendiamo a non farlo (almeno gli uomini) nel caso in cui a provare dolore siano i “cattivi” (o meglio, coloro che riteniamo essere tali).
In questo secondo caso, oltre a mostrare meno empatia, gli uomini sembrano provare anche un certo grado di piacere.
L’azione dei neuroni specchio si accompagna spesso con quella della dopamina, un neurotrasmettitore che, fra le altre cose, è implicato nei processi motivazionali, del piacere e della ricompensa.
Martin Lindstrom, sempre nel testo Neuromarketing, illustra questa azione combinata di neuroni specchio e dopamina descrivendo l’attività di marketing di una nota casa di moda statunitense.
L’azienda in questione non solo è solita esporre dei grandi poster raffiguranti affascinanti modelli vicino alle porte d’ingresso dei suoi negozi, ma paga anche dei modelli in carne e ossa perché stazionino per strada proprio davanti alle sue vetrine.
La presenza di questi giovani (ragazzi e ragazze), sorridenti, in ottima salute, di una bellezza splendente fa si che la gente che passa sulla strada si fermi lì con loro davanti alle vetrine.
Nel guardare questi modelli (che guarda caso indossano tutti i capi della nota azienda) le persone che sono lì incominciano, più o meno inconsapevolmente, a sognare di essere come loro, a sognare di sentirsi come loro: belli, sexy e ammirati.
Come avrai già immaginato, per quelle persone sognare tutto questo risulta estremamente facile, grazie anche all’azione dei neuroni specchio.
Una volta entrati nel negozio e fatti i propri acquisti, sottolinea Lindstrom, la dopamina rilasciata nell’organismo crea il piacere anticipatorio collegato all’idea di di sentirsi e di essere visti proprio come quei modelli.
Al di là delle questioni di marketing è estremamente importante che tenga a mente questo: le persone di cui ti circondi, le parole che leggi e che usi influiscono sulla tua vita, e non solo in termini astratti, ma anche biologici e sociali.
Ecco perché è estremamente importante che tu scelga con cura le persone con cui ti accompagni e le parole che usi per descrivere il mondo.
Pubblicato il 11/07/2019 - Photo by Hal Gatewood on Unsplash
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