Interviste e Dibattiti in TV ce ne sono davvero tanti, eppure, per quanto differenti nei contenuti e nella qualità, in tutti puoi individuare gli stessi processi psicologici in azione.
Conoscere questi processi ti aiuterà a proteggerti dalle forme più sottili di persuasione e a valutare con maggior consapevolezza l’oggetto del dibattito.
Ti parlerò di tre processi psicologici collegati rispettivamente alla memoria, al tipo di argomentazione presentata e alle cosiddette “scorciatoie cognitive” (le euristiche).
Per quanto riguarda il primo processo ricorda che l’ordine in cui i partecipanti espongono le proprie posizioni fa la differenza, soprattuto quando le interruzioni pubblicitarie segnano nette ripartizioni fra un “prima” e un “dopo”.
Nel 1959 Miller e Campbell dimostrarono che fra due argomentazioni, se fra l’esposizione delle due c’è un intervallo e se le persone sono chiamate ad esprimere un giudizio sùbito dopo aver finito di ascoltare la seconda, esse tendono a ricordare meglio quest’ultima.
Viceversa, le persone tendono a ricordare meglio la prima argomentazione se le due vengono presentate una di seguito all’altra, senza alcun intervallo, e se la richiesta del giudizio in merito viene fatta un po’ di tempo dopo l’esposizione di entrambe.
Pensa adesso all’ultimo dibattito in TV a cui hai assistito?
I partecipanti rappresentavano equamente le posizioni in campo?
Come è stata organizzata la sequenza degli interventi?
Il conduttore a chi ha dato parola per primo?
In quale momento della trasmissione sono avvenute le interruzioni pubblicitarie?
Relativamente al tipo di argomentazione devi sapere che quando vuoi convincere qualcuno in merito a qualcosa, se questo qualcuno è indeciso o neutrale fra due o più posizioni, sarai più persuasivo analizzando tutte le opzioni in campo, salvo poi evidenziare la superiorità “oggettiva” della posizione da te promossa (argomentazione di tipo bilaterale).
Qualora invece ti rivolga a qualcuno che ha già una certa propensione verso una determinata posizione sarai più efficace concentrando la tua argomentazione su quell’unica posizione su cui il tuo interlocutore si sta già orientando (argomentazione unilaterale).
Ora invertiamo i ruoli: poniamo che sia qualcun altro che vuole persuadere te rispetto a qualcosa, magari attraverso un’intervista in TV.
Ora sai che se le domande che gli vengono poste favoriscono un’argomentazione di tipo bilaterale (o se l’intervistato è “abile” nel rispondere in tal guisa) l’effetto della sua comunicazione sarà particolarmente incisivo su chi al momento è indeciso o neutrale riguardo ad una data questione.
Viceversa, se l’intervista favorisce delle argomentazioni unilaterali (o se l’intervistato riesce “abilmente” ad orientare le sue risposte in tal senso) la sua comunicazione si mostrerà efficace soprattutto su chi mostra già una certa propensione nei confronti delle idee da lui esposte.
Tieni conto poi che tutti noi (chi più chi meno) siamo soggetti al cosiddetto “effetto esposizione”: più frequentemente vediamo qualcuno (in questo caso in TV, ma vale in ogni contesto) più siamo portati a manifestare propensione nei suoi confronti e nei confronti delle idee da lui rappresentate.
Detto questo pensa adesso a quale tipo di argomentazione viene maggiormente “esposta” in questo momento in TV.
L’esigenza maggiore è quella di “smuovere” gli indecisi o di “rinforzare” coloro che hanno già una propensione definita?
Detto in altri termini (e ti ricordo che ci stiamo occupando di intenti persuasivi): la tendenza è quella di “far leva” sugli indecisi o su coloro che invece hanno già un’idea definita?
Per quanto riguarda l’ultimo punto, ossia le “scorciatoie cognitive” (o euristiche), voglio segnalartene tre: il falso consenso, l’effetto alone e il fenomeno dell’escalation irrazionale.
Le euristiche sono delle “scorciatoie cognitive” per mezzo delle quali, “semplificando la realtà”, formuliamo i nostri giudizi in maniera veloce ma poco precisa; questo (sebbene utile in certe circostanze) ci espone al rischio di commettere degli errori.
Il falso consenso: è il processo per il quale siamo portati a ritenere che le altre persone la pensino come noi, e se qualcuno non lo fa “evidentemente” qualcosa non va (in lui).
Questa semplificazione del reale nasce dal fatto che tendiamo a giudicare gli altri sulla base delle persone che frequentiamo abitualmente e che usiamo come parametro di “normalità”.
Poiché tale tendenza può essere abilmente utilizzata a fini persuasivi, chiediti (se già non lo hai fatto): quale spazio è dedicato in TV alle diverse opinioni e in che termini vengono presentate?
L’effetto alone: si verifica quando estendiamo una caratteristica propria di una persona o di un oggetto a qualcosa che gli è vicina a livello spaziale o simbolico.
E’ il meccanismo su cui si basa l’utilizzo dei testimonial: siamo portati ad accettare e a ritenere valida qualcosa quando questa viene affermata da qualcuno che apprezziamo (anche se il nostro apprezzamento non ha niente a che fare con la cosa che viene affermata in quel momento).
L’escalation irrazionale: si verifica quando persistiamo in comportamenti irrazionali semplicemente perché questi sono collegati a delle scelte che in passato ci sono sembrate razionali.
Nel 1971 il matematico ed economista Martin Shubik ha illustrato questo fenomeno per mezzo di un gioco da lui stesso inventato.
Il gioco non è altro che un’asta leggermente modificata.
L’oggetto in vendita è una moneta (poniamo da un euro).
Ecco le regole: i due partecipanti possono fare liberamente le loro offerte; chi vince avrà la moneta per l’importo che ha offerto; chi perde pagherà comunque al banco la cifra corrispondente alla sua ultima offerta.
Quello che accade è che normalmente il vincitore si troverà a pagare la moneta da un euro circa tre volte tanto il suo valore.
Una volta che le offerte superano la soglia dei 51 centesimi, come puoi facilmente capire, il vero vincitore è il banco.
Si inizia con offerte di pochi centesimi (sperando di realizzare un facile guadagno) ma ben presto la paura di dovere pagare porta i partecipanti ad offrire (e dunque a perdere) cifre molto superiori al valore della moneta all'asta.
La scelta migliore sarebbe quella di non prendere mai parte a quel gioco; una volta iniziato, la cosa più saggia che si possa fare è quella di uscirne il prima possibile.
Nonostante la banalità e l’estrema evidenza della soluzione (più si va avanti più aumenta il danno) la sua applicazione è ostacolata dal fenomeno dell’escalation irrazionale.
Tieni conto che la razionalità e l’emotività sono come due piatti di una bilancia: più sale uno, più scende l’altro.
Sebbene, come emerge dagli studi di Antonio Damasio, entrambe (sia la razionalità sia l’emotività) sono necessarie per formulare buoni giudizi, quando l’emotività diventa troppo alta (in questo esempio la paura diventa sempre maggiore) la razionalità crolla drasticamente e le scelte diventano cattive scelte.
Tornando dunque all’oggetto di questo articolo: negli ultimi dibattiti che hai ascoltato in TV i partecipanti hanno fatto leva maggiormente su argomentazioni di tipo razionale o emotivo?
Per approfondire questo tipo di argomenti ti segnalo due testi: “Trappole mentali: Come difendersi dalle proprie illusioni e dagli inganni altrui”, di Matteo Motterlini e “Chi manipola la tua mente?”, di Anna Oliverio Ferraris.
Pubblicato il 22/02/2020 - Photo by Joshua Rawson-Harris on Unsplash
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