L’effetto priming è l’effetto per il quale uno stimolo che hai precedentemente esperito è in grado di influenzare successivamente, senza che tu ne abbia consapevolezza, i tuoi pensieri, le tue emozioni e i tuoi comportamenti.
Per descriverti come funziona questo effetto (molto potente) ti riporto alcune ricerche citate da John Bargh nel suo bellissimo libro A tua insaputa.
Gli studi sul priming iniziarono negli Anni ’50 del secolo scorso. Quello che segue è il resoconto di uno dei primi esperimenti di quel periodo.
Nella prima fase del lavoro di ricerca di cui ti parlo ai soggetti sperimentali fu mostrata una lista di parole con la consegna di memorizzare i termini in essa contenuti.
Nella seconda fase della ricerca a quegli stessi soggetti venne presentata una seconda lista di parole, questa volta con la richiesta di pronunciare, per ogni parola contenuta nella lista, il primo termine che fosse venuto loro in mente.
Questi furono i risultati: nel compito di libera associazione i soggetti, senza averne alcuna consapevolezza, mostrarono la tendenza a pronunciare i termini contenuti nella prima lista.
Non solo questa scelta venne fatta senza alcun riferimento cosciente ai termini presentati durante la prima fase dell’esperimento, ma, in alcuni casi, i soggetti, intervistati, non ricordarono neanche di aver già incontrato durante il lavoro sperimentale le parole che essi avevano pronunciato.
Com’era potuto accadere tutto ciò?
L’esperienza vissuta durante la prima fase della ricerca aveva agito da innesco (prime) durante la seconda fase.
Come? Rendendo più accessibili alla memoria (e dunque maggiormente disponibili all’utilizzo) alcuni dati rispetto ad altri (nello specifico le parole presenti nella prima lista).
Questa maggiore disponibilità era dovuta alla loro temporanea attivazione: si trattava di dati primed (dati innescati) dall’esperienza precedente.
Lo ribadisco, perché questo aspetto è fondamentale: tutto ciò avvenne (ed avviene) indipendentemente dal fatto che i soggetti avessero (e abbiano) nel presente un ricordo esplicito dell’esperienza passata.
L’effetto priming è stato studiato non solo nell’ambito della psicologia cognitiva, ma anche all’interno della psicologia sociale.
Le nostre identità personali si formano all’interno di contesti culturali intrisi di vissuti e memorie.
Ciascuno di noi ha un’identità composta da molti aspetti che si intrecciano gli uni con gli altri: ad esempio l’essere figlio, marito, padre, psicologo e così via.
Le esperienze di vita che ciascuno ha vissuto caratterizzano tutti questi aspetti in maniera personale.
Quello che devi tener presente rispetto all’effetto priming è che ciascuno di questi aspetti può essere attivato (attivando a sua volta elementi ad esso collegati): il risultato sarà che verrai portato ad agire, sentire e pensare in maniera congrua con l’elemento attivato (indipendentemente dal fatto che tu ne abbia consapevolezza o meno).
Tutto ciò avviene anche relativamente agli stereotipi; questi ultimi possono essere attivati inconsapevolmente da ciò che sperimenti nell’ambiente: alle volte ti possono aiutare (e in questo caso si parla di vantaggio dello stereotipo), alle volte ti possono danneggiare (e in questo caso si parla di minaccia dello stereotipo).
Vediamo nello specifico alcuni esempi.
Negli Stati Uniti - scrive Bargh nel testo che ti ho citato all’inizio di questo articolo - sono presenti due stereotipi molti diffusi: il primo vuole le femmine meno abili nelle materie scientifiche, il secondo considera particolarmente ferrati in queste materie gli adolescenti di origine asiatica.
Secondo te come se la caverà in matematica una bambina di origine asiatico-americana?
È quello che si sono domandate Nalini Ambady e Margaret Shih con lo scopo di studiare le influenze inconsce che hanno sui comportamenti delle persone le loro identità sociali.
Come sai le nostre identità sono costituite da vari aspetti, ciascuno dei quali può essere opportunamente stimolato e attivato. Questo è esattamente ciò che hanno fatto le due ricercatrici (in due esperimenti successivi) prima di sottoporre i soggetti sperimentali (bambine di origine asiatico-americana) ad un test di matematica.
Ecco i risultati ottenuti: quando veniva attivata l’identità asiatica, le bambine (10 anni) ottenevano punteggi migliori; viceversa, quando veniva attivata l’identità femminile, le bambine ottenevano risultati peggiori.
Nel secondo esperimento, per verificare se la formazione degli stereotipi in questione fosse da ricercare all’interno dell’ambiente scolastico, le due ricercatrici selezionarono come soggetti sperimentali bambine di 5 anni (che dunque non avevano ancora frequentato la scuola elementare).
In questo caso le due studiose si aspettavano di trovare una mancata attivazione degli stereotipi (in quanto pensavano che questi non fossero ancora presenti): non fu quello che trovarono!
Quando venne attivata l’identità asiatica (alle bambine fu chiesto di colorare un disegno raffigurante dei bambini che mangiavano il riso con le bacchette) i risultati nei test di matematica furono migliori; viceversa, quando venne attivata l’identità femminile (alle bambine fu chiesto di colorare un disegno raffigurante una bambina che teneva in braccio una bambola) i risultati ottenuti furono peggiori.
Per inciso, ti segnalo che Shih ebbe modo di sottolineare che, in questa situazione specifica, la trasmissione degli stereotipi non fosse da ricercare in seno alla famiglia, ma si trattasse piuttosto di una trasmissione di tipo sociale e culturale.
Simili risultati sono stati ottenuti anche in un esperimento condotto da Barbara Fredrickson.
Questa volta i soggetti sperimentali erano degli studenti universitari (maschi e femmine).
All’interno della procedura sperimentale, che indagava la relazione fra emozioni e comportamenti di consumo (questo era quello che sapevano gli studenti), ad alcuni fu fatto indossare un maglione, ad altri un costume da bagno; tutti dovevano osservarsi allo specchio; successivamente (indossando di nuovo i propri abiti) tutti vennero sottoposti ad un test di matematica.
Le ragazze che avevano indossato il costume da bagno ottennero risultati peggiori rispetto a quelle che avevano indossato il maglione: il fatto di essersi precedentemente focalizzate sul proprio corpo aveva momentaneamente inibito le loro capacità intellettive.
La cosa si rivelò invece ininfluente per i ragazzi; il motivo è presto detto: essi non soggiacevano allo stereotipo secondo il quale se si è belli non si è intelligenti, per questa ragione il prime utilizzato non aveva attivato alcun comportamento collegato allo stereotipo in questione.
Anche lo stesso Bargh ha condotto diversi esperimenti utilizzando dei metodi di priming. Nello specifico si è occupato di indagare le influenze inconsce che l’eredità culturale del protestantesimo esercita ancora oggi sulla popolazione americana (e sono passati ben quattrocento anni dall’arrivo dei primi protestanti in America).
Il sistema di valori a cui gli esperimenti in questione fanno riferimento può essere identificato, afferma Bargh, con i termini di etica protestante ed etica puritana.
A grandi linee: la prima afferma che alla salvezza eterna si giunge attraverso il duro lavoro; la seconda condanna la promiscuità sessuale.
Rispetto all’argomento di cui ci stiamo occupando, l’aspetto fondamentale è che nell’identità culturale americana questi due elementi sono strettamente connessi: attivando l’uno, automaticamente si attiva anche l’altro.
Questo è esattamente ciò che ha dimostrato Bargh con i suoi esperimenti: i soggetti sperimentali che erano stati portati a pensare al lavoro (attraverso la semplice esposizione a termini attinenti all’argomento) manifestarono successivamente opinioni più conservatrici in tema di sessualità rispetto a coloro che non avevano ricevuto la medesima sollecitazione. Tutto ciò avveniva in modo del tutto inconsapevole.
Come hai potuto notare, quando si innesca una determinata caratteristica questa va in figura (portando con sé gli elementi ad essa collegati); gli altri aspetti non collegati all’elemento primed vanno sullo sfondo.
Tutto ciò dovrebbe far riflettere sulla complessità dei processi relativi ai cambiamenti culturali e alla trasmissione dei sistemi valoriali contenuti all’interno di ogni cultura.
Rispetto a quest’ultimo punto tieni presente che parte di questi sistemi tende a riprodursi inconsapevolmente, al di là delle intenzioni coscienti di coloro che li trasmettono (che, alle volte, possono anche essere dichiaratamente contrarie rispetto a determinati valori di fatto trasmessi).
Per concludere: come hai potuto notare, esistono dinamiche invisibili che condizionano potentemente le nostre vite. Il fatto che tu non le veda, in alcun modo implica che esse non agiscano a tua insaputa.
Cosa fare allora? Prenditi il tuo tempo, educa la tua attenzione: quando sta accadendo qualcosa di importante e devi agire di conseguenza, prima di fare qualsiasi cosa pensa a quali stimoli hai ricevuto precedentemente.
Pubblicato il 17/10/2020 - Photo by Bradyn Trollip on Unsplash
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