“Se c’è rimedio, perché ti preoccupi? Se non c’è rimedio, perché ti preoccupi?”.
Penso che questa frase attribuita ad Aristotele non sia da intendere come un implicito invito a negare ciò che non ci piace, o a far finta che la sofferenza e gli eventi avversi non esistano.
Credo invece che essa alluda alla capacità di andare avanti nonostante le difficoltà della vita.
Perché possa agire, tale capacità va allenata, e l’allenamento per svilupparla non è affatto semplice.
Forse proprio per questo - credo - si può definire saggio colui che questa capacità la possiede.
Ritengo che questa frase sia un invito ad attraversare le emozioni (comprese quelle negative) così da rimanere connessi con il naturale fluire della vita (e delle emozioni stesse).
Paradossalmente, infatti, cioè che contribuisce al perdurare di un’emozione "negativa" è proprio il tentativo di negarla.
Da saggio quale era, Aristotele lo sapeva e ce lo ha detto.
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